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Tra le braccia del bosco

…. Mi è sempre piaciuto camminare sotto la pioggia, con un bel cappello a falde larghe, una giacca a prova d’acqua e rigorosamente senza ombrello!

Oggi il tempo non prometteva niente di buono fin dal mattino…uno scroscio dopo l’altro e un cielo ingombro di nuvole basse, non lasciavano molti dubbi su come sarebbe stata la giornata. Ma non potevamo ignorare il richiamo del bosco.


Il bosco è li, sotto il sole, sotto la pioggia, sotto la luna e le stelle, all’alba e al tramonto. Lui è sempre li, con i suoi alberi antichi che protendono i grossi rami verso il cielo, quasi a volerlo stuzzicare, sfidandolo. “Piove?” Mi sembrava di sentirli dire – “e pioggia sia!” Noi siam qui, e qui resteremo! “ Insomma, il bosco era li ad aspettarci. Come declinare il suo invito?


Si va, si va! Io e Paolo ci infiliamo giacche e cappelli, pochi istanti e la cavezza scivola dietro le orecchie di Aisha. Oggi viene anche lei nel bosco! Un minuto e siamo già al di la della strada, solo erba ci separa dalle vecchie querce.

Il prato imperlato dalle gocce di pioggia deve essere ancora più appetitoso per Aisha, che trotta tagliandomi la strada in continuazione, guadagnando ogni volta qualche secondo in più per brucare avidamente tutto ciò che passa sotto il suo muso di velluto. Poco distante c’è una radura circondata da querce maestose, tappa fissa delle nostre passeggiate.

Oramai la consideriamo un po’ come una seconda casa e quando arriviamo li ci sentiamo accolti da questi grandi e possenti alberi.

Oggi abbiamo deciso di costeggiare il vecchio bosco, invece di dirigerci subito verso la nostra radura preferita. Percorreremo un anello che ci porterà solo alla fine, agli alberi che oramai conosciamo molto bene, lasciandoceli per ultimi, proprio come ciliegina sulla torta.


Tra uno scroscio d’acqua e l’altro, arriviamo di fronte ai Pratoni del Vivaro, proprio di fronte al grande branco di cavalli semi bradi. Decine e decine di puledri ed adulti, immediatamente notano la nostra presenza e si addossano alla recinzione che li separa dalla strada che ci divide, fissandoci con curiosità. Ci osserviamo per lunghi istanti, cavalli e uomini. Aisha li guarda …sembra studiarli.


Poco dopo torniamo al nostro cammino. Il sentiero costeggia una collinetta che accoglie su di se il bosco, quasi come un oggetto prezioso su un piedistallo. Da fuori lanciamo sguardi furtivi nell’ombra dei grandi alberi e a stento ci tratteniamo dalla voglia di tuffarci in quella selva intricata. Ma non resistiamo molto e ammaliati da una quercia spettacolare, posta al margine del bosco quasi ad adescare incauti viandanti, cediamo e ci inoltriamo tra i rami contorti. La luce già filtrata dallo spesso strato di nubi, li dentro si fa ancora più tenue. Il tempo sembra fermarsi. Ad ogni passo la strada viene sbarrata da rami, arbusti e alberi caduti. Ma la voglia di proseguire è irresistibile, quasi come fossimo attratti da un richiamo invisibile.


Dietro di me Aisha si muove con una leggerezza incredibile, come se il bosco fosse il suo ambiente naturale. Ha smesso di cercare cibo. Ora è tutta impegnata a districarsi in quel dedalo di rami, quasi come stesse giocando ad un enorme shanghai. E non sbaglia mai! Le sue 4 lunghe gambe si muovono coordinate. Sa perfettamente dove mettere i piedi. In confronto io sono una principiante e a tratti annaspo lasciando ciocche di capelli sui prugnoli spinosi. La sensazione di preoccupazione che mi aveva colta all’inizio per aver fatto entrare il cavallo in quel labirinto, gradualmente lascia spazio allo stupore e alla fiducia. Ora è lei a guidarmi, passando in spazi che non avrei mai pensato potesse occupare col suo grande corpo bianco. Si abbassa, si allunga, flette le gambe, si fa strada con la testa.


A un certo punto un tronco ci sbarra la strada. Io d’istinto ci passo sotto ma poi, voltandomi mi rendo conto che è davvero troppo basso per lei. Rimango stupefatta quando la vedo prenderlo a morsi con un evidentissimo ed inequivocabile gesto di stizza. Ma non si perde d’animo. E’ lei che trova la strada. La sua bussola non sbaglia. Dopo poco siamo di nuovo sul prato e ancora emozionati per il breve ma intenso fuori programma, proseguiamo il nostro giro.


Il sentiero ora si fa largo e comodo. Passa nel bosco e si dirige verso alcune abitazioni, sbucando su una strada carreggiabile. Decidiamo di tagliare e dalla strada asfaltata ci rituffiamo per campi e di nuovo nel bosco, per un sentiero che non avevamo mai percorso prima. Ci ritroviamo a percorrere un viottolo stretto che si inerpica sempre di più nel bosco.

Tornare indietro col fango, sulla discesa ripida è impensabile. Bisogna salire. E saliamo, saliamo, mentre il bosco si stringe intorno a noi quasi a voler castigare la nostra impudenza. Su in alto intravediamo la fine della collina, un pianoro erboso. Comincio a scivolare…cammino anche io carponi. Aisha segue poco dietro…anche lei un po’ in difficoltà. Sento che è il momento di darle di nuovo fiducia. Allungo tutta la corda e la lascio andare avanti. Mi sorpassa prontamente e per un attimo un brivido mi percorre la schiena, pensando che possa scivolarmi sopra. Ma ce la fa, con le sue 4 ruote motrici va su e io uso la sua corda per attaccarmi e guadagnare a mia volta il prato con Paolo che subito dietro chiude la cordata.


Proseguiamo sul prato e dopo poco ci addentriamo in un noccioleto fittissimo. Vaghiamo per lunghi tratti. Siete mai stati in un noccioleto? Tutte piante uguali si intrecciano formando un dedalo che mette a dura prova la capacità di orientamento anche dei più abili. Decidiamo di far ricorso al Gps dei telefonini ma sembra impazzito. La freccia della direzione ruota in continuazione cambiando ad ogni passo.


Usciamo dal noccioleto convinti di trovarci un un punto lontano dalla nostra radura: il gps che nel frattempo sembra riprender vita ci localizza ad almeno un km dal punto di arrivo. Eppure qualcosa nell’atmosfera, nella luce, negli alberi mi suggerisce che quello è proprio il nostro bosco. “E’ il gps a sbagliare” mi dico. Ed è proprio così! Saliamo una corta e intricata collinetta costellata di antichi cerri e ci rendiamo conto di essere arrivati proprio al “nostro” bosco, da un lato che non avevamo mai esplorato fino ad ora. La sensazione di sentirmi a casa è arrivata molto prima di capire dove fossimo…e la percezione che ci sia una energia speciale che permei quel posto, è ormai un dato di fatto!

Uno scroscio di pioggia ci saluta mentre entriamo sotto la volta delle vecchie querce ormai così familiari.

Io e Paolo ci abbracciamo felici sotto la pioggia ai piedi del grande albero che ormai per noi è un vero totem e anche Aisha si fa vicina, sfiorando con le sue grandi narici i nostri volti bagnati, in un momento di grande empatia interspecifica.

Ci avviamo verso l’altra nostra casa, quella di mattoni questa volta, pensando alle sorprese fantastiche che questo giorno di pioggia ci ha regalato. L’allegria ci pervade e fradici ma felici, salutiamo il vecchio bosco, proprio come si fa con un vecchio amico, con la consapevolezza che fra brevissimo torneremo di nuovo ad accarezzare la sua ruvida corteccia .

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